Monday, March 13, 2006

Università e Ricerca: motori dell’innovazione e della mobilità sociale - Antonio d'Itollo


Il dibattito politico preelettorale è senza dubbio focalizzato sui problemi economici e di politica estera; non di meno il programma che L’Unione propone ai suoi elettori dedica un’approfondita sezione alle tematiche della conoscenza, intitolato: “Conoscere è crescere,”, un titolo che sintetizza efficacemente la centralità dell’istruzione e della formazione a tutti i livelli. Ci soffermiamo brevemente sulle priorità di intervento che il futuro governo di centro-sinistra dovrà realizzare per Università e Ricerca. “L'Italia ha di fronte una grande sfida: rimettere la conoscenza, il sapere al centro della politica, dell'economia, della società”, afferma il Programma dell’Unione, come del resto indica L’Agenda di Lisbona, che prevede per il 2010 il raggiungimento di obiettivi strategici che, giunti a metà percorso, è difficile siano centrati. Pochi laureati e ricercatori, scarsi investimenti nella ricerca e nella innovazione, insufficiente impegno nella formazione continua sono il lascito del governo Berlusconi; al contrario, forte è tra i cittadini, in particolare tra i più giovani, il desiderio di puntare sulla conoscenza come fattore di crescita individuale e di equità sociale. L’Unione deve governare questi processi, affermandone la natura di bene comune e “gratuito”, perché si tratta di beni pubblici fondamentali. La conoscenza – ha affermato Romano Prodi - è l'unico sicuro capitale per il futuro: la competitività economica del Paese richiede un salto di qualità nella ricerca e nell'innovazione: al contrario si è accentuato in questi cinque anni la “fuga dei cervelli” all’estero. L'Unione deve invertire la rotta con proposte concrete per sostituire subito le norme sbagliate introdotte negli ultimi anni. E’ necessario orientare le strategie di riforma verso il miglioramento del nostro modello universitario meglio integrando ricerca e didattica, promuovere la qualità in tutti gli atenei, l'internazionalizzazione della ricerca attraverso lo sviluppo delle reti e la mobilità di studiosi e studenti; il potenziamento della cultura tecnologica. Per raggiungere questi obiettivi il Programma dell’Unione propone di intervenire a vari livelli, ovvero: aumentare e qualificare decisamente la spesa per l’Università e la ricerca come investimento per la crescita del Paese, dare spazio ai giovani, promuovere il talento e la ricerca "libera", aumentare il numero dei laureati di qualità e con buone prospettive di occupabilità, recuperando gli squilibri territoriali, puntando a stimolare le lauree scientifico-tecnologiche, aumentare il numero dei dottori di ricerca, rispondere con adeguata formazione universitaria alla domanda sociale in particolare per gli studi umanistico-sociali legati ai beni culturali; ristabilire un organico legame scuola-università nella formazione degli insegnanti, agevolare l'integrazione tra università ed enti di ricerca anche per garantire la presenza italiana nelle grandi reti di ricerca internazionali; stimolare l'interazione pubblico/privato. Come raggiungere questi obiettivi? L’Unione propone tre piani d'azione: il primo riguarda la didattica universitaria, il secondo il diritto allo studio: il terzo il reclutamento e la carriera dei docenti e dei ricercatori, per renderli coerenti con l’autonomia delle università e con la Carta europea dei ricercatori di Lisbona, anche al fine di colmare la distanza che ci separa dai Paesi più avanzati, garantendo una costante immissione di giovani, qualificati, eliminando le forme di precariato, rendendo obbligatorio il dottorato di ricerca per la carriera universitaria, realizzando selezioni concorsuali con distinzione tra reclutamento e carriera, definendo gli strumenti giuridici pertinenti per incentivare la mobilità bidirezionale università-enti di ricerca. Per realizzare questi piani d'azione è indispensabile ripensare gli attuali strumenti delle politiche universitarie e per la ricerca e individuarne di nuovi, tra cui l’Unione propone un'agenzia indipendente per la valutazione delle istituzioni universitarie e di ricerca, una legge di sistema per l'autonomia universitaria, la creazione di nuovi strumenti per il diritto allo studio in un'ottica di equità, la realizzazione dell'anagrafe delle ricerche e di due portali nazionali (per il fabbisogno di docenti e ricercatori e per l' offerta/domanda di dottori di ricerca). A tal fine è improcrastinabile il cambiamento delle forme di governo del sistema, attraverso la riorganizzazione dell'attuale MIUR, che, per il comparto università-ricerca, deve ricoprire funzioni di programmazione strategica, affidando ad agenzie pubbliche indipendenti le scelte di finanziamento della ricerca, l'istituzione di un organismo unitario rappresentativo università-enti pubblici di ricerca, la revisione della forma di governo degli atenei. Il Programma che L’Unione intende realizzare per Università e ricerca rivede i criteri di finanziamento (previsione di una quota per le attività di ricerca libera, di una "quota di garanzia" per i bilanci universitari a copertura degli incrementi di spesa decisi a livello centrale, stabilità nel tempo dei finanziamenti "ordinari") che, per ciò che attiene agli investimenti, comporterà un piano d'incremento (comprensivo delle risorse umane), nei 5 anni della legislatura, la media europea del 2% del P.I.L.: una decisa inversione di rotta rispetto al governo del centro destra che all’Università e alla ricerca ha sottratto autonomia e tagliato i bilanci.

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